Nell’ormai chiaro e lampante scenario di cambiamento climatico, c’è almeno un dato che molto positivo: il buco dell’ozono si riduce rispetto alla rilevazione del 2021. L’enorme falla nello strato d’ozono antartico, ha raggiunto un’area media di 23,2 milioni di chilometri quadrati tra il 7 settembre e il 13 ottobre 2022. L’area impoverita di ozono, sopra il Polo Sud, è leggermente più piccola rispetto allo scorso anno (rif.) e sta continuando il trend generale di contrazione degli ultimi anni.
La storia del buco dell’ozono
L’ozono, o triossigeno, è una forma allotropica dell’ossigeno dalla formula chimica O3. È un gas blu dal caratteristico odore agliaceo. La parola “ozono” deriva infatti dal francese antico “ozone”, la quale deriva dal greco antico “ózein”, cioè emanare odore. Lo strato di ozono rappresenta un filtro fondamentale per l’intercettazione della radiazione luminosa che va dai 200 ai 350nm. La sua presenza ha permesso lo sviluppo della vita sulla Terra e di lasciare la vita sottomarina, dando inizio all’evoluzione delle specie terrestri. Lo strato si forma nella stratosfera alle più irradiate latitudini tropicali, mentre la circolazione globale tende poi ad accumularlo maggiormente alle alte latitudini e ai poli.
Il buco dell’ozono è causato dal rilascio di alcune sostanze inquinanti da parte dell’uomo e dalle attività produttive. A partire dalla seconda metà del 900, lo strato si è progressivamente assottigliato a causa del rilascio nell’atmosfera di alcune sostanze inquinanti come i gas clorofluorocarburi, utilizzati principalmente nelle bombolette spray e negli impianti refrigeranti.
I rimedi principali messi in atto dall’uomo per combattere il buco dell’ozono consistono nel ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera e nell’adozione di nuovi gas propellenti al posto dei clorofluorocarburi. Oggi questi gas non vengono quasi più utilizzati nella produzione industriale e sono stati sostituiti con altri, anche grazie a diversi accordi internazionali firmati tra i vari paesi del mondo. Uno dei più importanti è il Protocollo di Montreal: firmato nel 1987 e in vigore dal 1989, con questo trattato internazionale i 196 Stati firmatari più l’Unione Europea sono impegnati nel ridurre la produzione e l’uso di quelle sostanze che minacciano lo strato di ozono, in particolare i gas clorofluorocarburi.
La riduzione del buco è costante
“Nel corso del tempo, sono stati compiuti progressi costanti e il buco si sta riducendo”, ha affermato Paul Newman, scienziato capo per le scienze della Terra presso il Goddard Space Flight Center della NASA. “Vediamo alcune oscillazioni, poiché i cambiamenti meteorologici e altri fattori, fanno oscillare leggermente i numeri da un giorno all’altro e da una settimana all’altra. Ma nel complesso, il buco dell’ozono si riduce e lo fa ininterrottamente da due decenni. L’eliminazione delle sostanze dannose per l’ozono attraverso il Protocollo di Montreal sta funzionando restringendo il buco”.
I ricercatori della NASA e della NOAA, rilevano e misurano la crescita e la rottura del buco dell’ozono con strumenti a bordo dei satelliti Aura, Suomi NPP e NOAA-20. Il 5 ottobre 2022, quei satelliti hanno osservato un buco massimo dell’ozono in un giorno di 26,4 milioni di chilometri quadrati, leggermente più grande dell’anno scorso. Quando il sole polare sorge, gli scienziati della NOAA, effettuano anche misurazioni con uno spettrofotometro Dobson. Lo strumento ottico registra la quantità totale di ozono tra la superficie e il bordo dello spazio, noto come valore di ozono totale della colonna.
A livello globale, la media totale della colonna è di circa 300 unità Dobson. Il 3 ottobre 2022, gli scienziati hanno registrato un valore di ozono totale nella colonna più basso di 101 unità Dobson al Polo Sud (rif.). In quel momento, l’ozono era quasi completamente assente ad altitudini comprese tra 14 e 21 chilometri, un andamento molto simile all’anno scorso.
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