Il pianeta Venere, il secondo pianeta del Sistema Solare, ha affascinato gli scienziati per secoli con la sua atmosfera densa e il suo clima estremamente inospitale. Il pianeta prende il nome dalla dea romana dell’amore e della bellezza. Venere è l’oggetto naturale più luminoso nel cielo notturno dopo la Luna e per questo motivo è noto fin dall’antichità, in quanto visibile soltanto poco dopo il tramonto e poco prima dell’alba. Per questa ragione è spesso stato chiamato dagli antichi Greci, e poi dai Romani, stella della sera o stella del mattino.
Posizione e caratteristiche fondamentali
L’orbita di Venere è quasi circolare, con un’eccentricità orbitale inferiore all’1% ed una distanza media dal Sole di 108 milioni di chilometri e compiere una rivoluzione in 225 giorni terrestri. Venere, chiamata anche la gemella della Terra per le sue dimensioni simili, è un pianeta roccioso situato all’interno dell’orbita terrestre. La rotazione di Venere, ignota fino al XX secolo, avviene in modo retrogrado (in senso orario), al contrario di come avviene per il Sole e per la maggior parte degli altri pianeti del sistema solare. Il diametro di Venere è inferiore di 650 km alla Terra e la sua massa è l’81,5% di quella terrestre.
Nonostante queste somiglianze, le condizioni della superficie venusiana sono molto differenti da quelle terrestri. Lo spesso strato di anidride carbonica, genera l’atmosfera più densa tra i pianeti terrestri. La sua atmosfera è costituita per il 96,5% da anidride carbonica, mentre il restante 3,5% è azoto. Le temperature superficiali superano i 450° C. L’alta percentuale di anidride carbonica deriva dall’assenza di un ciclo del carbonio per intrappolare questa molecola nelle rocce. Per questa ragione l’anidride carbonica libera genera un forte effetto serra cha ha surriscaldato il pianeta.
La pressione atmosferica sulla superficie del pianeta è pari a 92 volte quella della Terra. Venere è ricoperta da un opaco strato di nuvole di acido solforico, altamente riflettenti, che impediscono la visione della superficie dallo spazio. Questa impenetrabilità, ha creato nel corso dei secoli un alone di mistero e dato origine a molteplici discussioni. Si ritiene che gli antichi oceani di Venere siano evaporati, lasciando un’asciutta superficie desertica con molte formazioni rocciose.
Struttura interna e campo magnetico di Venere
Abbiamo poche informazioni sulla struttura interna e sulla geochimica venusiana a causa della mancanza di dati sismici. Le somiglianze in termini di dimensioni e di densità tra Venere e la Terra suggeriscono che i due pianeti possano avere una struttura interna simile: un nucleo, un mantello e una crosta. Probabile che il nucleo di Venere, simile a quello terrestre, sia parzialmente liquido.
La differenza principale tra i due pianeti è l’assenza di tettonica delle placche, dovuta probabilmente alla diversa composizione della litosfera e del mantello. L’omogeneità della crosta di Venere determina una minore dispersione di calore dal pianeta, che presenta un flusso di calore con valori di circa la metà inferiori a quelli terrestri. Questi due motivi impediscono la presenza di un campo magnetico rilevante che sulla Terra è generato dai moti convettivi interni del pianeta. Al contrario il debole campo magnetico di Venere viene generato da un’interazione tra la ionosfera e il vento solare.
Questa assenza è un dato sorprendente, visto le dimensioni simili alla Terra. Inizialmente si era ipotizzata la presenza di un effetto dinamo all’interno del mantello. Ma una dinamo richiede tre cose: un liquido conduttivo, la rotazione del nucleo e la convezione. Su Venere un evento globale può avere interrotto la tettonica a zolle e quindi eliminato le correnti convettive. Ciò ha causato l’innalzamento della temperatura del mantello e ridotto così il flusso di calore proveniente dal nucleo. Il risultato è l’assenza di una geodinamo interna che può produrre un campo magnetico.
Storia ed osservazioni scientifiche
Conosciuto probabilmente già nella preistoria, Venere fu osservato da tutte le culture antiche come quella dei babilonesi che lo chiamarono Ištar, in onore della dea dell’amore, dell’erotismo e della guerra. Egizi, Greci, Maya e Romani distinguevano invece le apparizioni mattutine e serali in due corpi distinti. Per il suo splendore molte culture, tra cui quella Maya, il pianeta rappresentava due divinità gemelle, in cui venivano rispettivamente identificati Quetzalcoatl nella stella del mattino e Xolotl nella stella della sera. Per gli Inca rappresentava Chasca, dea dell’aurora dai lunghi capelli ricci, considerata il paggio del Sole poiché non si discostava mai troppo da esso.
Il primo studio scientifico tramite osservazione con cannocchiale fu compiuto da Galileo Galilei. Egli riuscì ad osservarne le fasi e notò che queste erano simili a quelle della Luna. Grazie a queste dimostrò la teoria eliocentrica predetta dall’astronomo polacco Niccolò Copernico. Nel 1677 Edmond Halley suggerì di misurare la distanza Terra-Sole con osservazioni da diversi luoghi del nostro pianeta, in particolare in occasione dei transiti di Venere. Il transito del 1761 permise all’astronomo russo Michail Lomonosov di ipotizzare la presenza di un’atmosfera venusiana.
Lo spesso strato di nubi e l’alta luminosità del pianeta hanno costituito un serio ostacolo nell’individuazione del periodo di rotazione del pianeta. Cassini e Francesco Bianchini osservarono Venere e mentre il primo ipotizzò un periodo di 24 ore, Bianchini teorizzò un periodo di 24 giorni. Solo William Herschel si accorse che il pianeta era ricoperto da uno spesso strato di nubi e che il periodo di rotazione non poteva essere determinato con certezza. Giovanni Schiaparelli fu il primo a sollevare nuove obiezioni ipotizzando che Venere, come Mercurio fosse in rotazione sincrona, bloccato dal Sole.
L’esplorazione spaziale sovietica di Venere
La storia delle esplorazioni spaziali di Venere nasce nel 1961 con la missioni sovietiche. La Venera 1 effettuò il primo fly-by del pianeta senza però riuscire a trasmettere alcun dato. Il Programma Venera continuò fino al 1983 con 16 missioni di successo. È oggi noto che Venere possieda una superficie rovente su cui insiste un’atmosfera corrosiva con un’altissima pressione. Ma in passato questi dati erano sconosciuti e ciò lasciò campo aperto a qualsiasi ipotesi.
Gli scienziati sovietici erano così convinti della presenza di un oceano venusiano che sulla sonda Venera 4, installarono un morsetto fatto di zucchero. Quest’ultima a contatto con l’acqua o un altro fluido, si sarebbe sciolto facendo scattare l’antenna che si sarebbe salvata dall’affondamento della sonda. Purtroppo la sonda Venera 4 non solo non trovò un oceano, ma non raggiunse mai la superficie. Smise infatti di trasmettere segnali quando la pressione atmosferica superò le 15 atmosfere.
Comunque si trattò di un risultato straordinario, per la prima volta un veicolo umano aveva comunicato dati relativi all’analisi delle condizioni di un ambiente extraterrestre. Solo con Venera 7 fu costruita una sonda in grado di sopportare una pressione di 180 atmosfere. Lanciata il 17 agosto 1970, trasmise il segnale molto atteso il 15 dicembre dello stesso anno. La prima sonda costruita dall’uomo era atterrata su un altro pianeta e aveva comunicato con la Terra. Nel 1975 i sovietici inviarono le sonde gemelle Venera 9 e 10 che trasmisero immagini in bianco e nero della superficie di Venere. Le sonde Venera 13 e 14 inviarono invece le prime immagini a colori.
L’esplorazione spaziale americana di Venere
La NASA iniziò il suo programma di esplorazione spaziale di Venere nel 1962 con il programma Mariner. Le tre sonde riuscirono con successo ad effettuare fly-by del pianeta e trasmettere i dati alla Terra. Nel 1978 nell’ambito del Progetto Pioneer Venus per lo studio dell’atmosfera venusiana gli statunitensi lanciarono diverse sonde.
Nel 1989 la NASA, utilizzando lo Space Shuttle, lanciò verso Venere la Sonda Magellano. Dotata di un radar permise di realizzare una mappa quasi completa del pianeta con una elevata risoluzione. La Venus Express, lanciata nel 2006, ha invece eseguito una mappatura completa della superficie. Sebbene fosse inizialmente prevista una durata di due anni, è stata estesa fino al dicembre del 2014. In otto anni, la sonda ha fornito prove dell’esistenza passata di oceani, evidenze di fulmini nell’atmosfera ed ha individuato un gigantesco doppio vortice polare al polo sud. Inoltre ha individuato la presenza del gruppo ossidrilico nell’atmosfera e di un sottile strato di ozono.
Il 26 novembre del 2013 la NASA ha lanciato il Venus Spectral Rocket Experiment (VeSpR), un telescopio suborbitale per lo studio dell’atmosfera di Venere nell’ultravioletto. L’osservazione non possibile dalla dalla Terra in quanto la nostra atmosfera assorbe la maggior parte dei raggi UV.
Nonostante le sfide legate allo studio di Venere, le missioni spaziali e le tecnologie avanzate hanno portato a progressi significativi nella nostra comprensione di questo pianeta misterioso. Tuttavia, molte domande rimangono senza risposta. Futuri sforzi scientifici e missioni spaziali già programmate continueranno a gettare luce su questi enigmi e ad ampliare la nostra conoscenza di Venere.
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