La ISS, Stazione Spaziale Internazionale, ha recentemente evitato un collisione dal potenziale catastrofico con un detrito spaziale

Pericolo ISS: evitato la collisione con un detrito

AstropillsCuriosità

All’inizio della scorsa settimana, la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) ha evitato con una manovra una potenziale collisione con un detrito spaziale. Con un equipaggio di astronauti e cosmonauti a bordo, ciò ha richiesto un urgente cambio di orbita l’11 novembre 2021.

L’incidente di questa settimana ha come protagonista un frammento del defunto satellite meteorologico Fengyun-1C, distrutto nel 2007 da un test missilistico anti-satellite cinese. Il satellite è esploso in più di 3.500 pezzi di detriti, la maggior parte dei quali è ancora in orbita. Molti di questi sono presenti nella regione dell’ISS.

Per evitare la collisione, la navicella spaziale russa Progress, attraccata alla stazione, ha attivato i suoi razzi per poco più di sei minuti. Questo ha determinato la variazione della velocità della ISS di 0,7 metri al secondo sollevando la sua orbita, di circa 1,2 km.

Orbite sempre più affollate intorno all’ISS

Durante i 23 anni di vita orbitale della stazione, ci sono stati circa 30 incontri ravvicinati con più di un detrito orbitale che la ISS ha prontamente evitato mettendo in atto varie azione evasiva per scongiurare una collisione. Tre di questi incidenti mancati si sono verificati nel 2020. In altre circostanze, invece, non è stato possibile evitare la collisione. Il 4 Giugno del 2021 un minuscolo pezzo di spazzatura spaziale ha perforato un foro di 5 mm nel braccio robotico della ISS costruito in Canada.

I detriti spaziali sono diventati una delle principali preoccupazioni per tutti i satelliti in orbita attorno alla Terra, non solo per la ISS delle dimensioni di un campo da calcio. Oltre a satelliti importanti come la più piccola stazione spaziale cinese Tiangong e il telescopio spaziale Hubble, ce ne sono migliaia.

Oltre ai detriti, l’orbita terrestre bassa diventa sempre più affollata. Aumentano di molto quindi i rischi di potenziali collisioni. Ci sono 5.000 satelliti attualmente operativi, con molti altri in arrivo. Basti pensare che la sola SpaceX avrà presto in orbita più di 2.000 satelliti Internet Starlink, con un obiettivo di 40.000 sistemi orbitanti quando il progetto sarà completo.

Space Junk un problema serio

Se il problema fosse determinato solo dai satelliti in orbita, potrebbe essere semplice evitare impatti. Ma secondo lo Space Debris Office dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), si stima che ci siano circa 36.500 oggetti artificiali in orbita più grandi di 10 cm di diametro, come satelliti defunti e stadi di razzi. Sono presenti inoltre, circa un milione di detriti grandi tra 1 cm e 10 cm e addirittura 330 milioni di frammenti che misurano da 1 mm a 1 cm.

La maggior parte di questi oggetti si trova in un’orbita terrestre bassa. A causa delle alte velocità coinvolte, anche un granello di vernice può bucare una finestra della ISS e un oggetto più grande potrebbe penetrare in un modulo pressurizzato. I moduli ISS sono in qualche modo protetti da schermature multistrato per ridurre la probabilità di foratura e depressurizzazione. Ma rimane il rischio che un tale evento possa verificarsi prima che l’ISS raggiunga la fine della sua vita verso la fine del decennio.

Naturalmente, nessuno ha la tecnologia per tracciare ogni pezzo dei detriti spaziali e non abbiamo nemmeno la capacità al momento per eliminare tutta quella spazzatura. Tuttavia, si stanno studiando possibili metodi per rimuovere i pezzi più grandi dall’orbita. In Australia, il monitoraggio dei detriti spaziali è un’area di crescente attività ed interesse. Sono coinvolte diverse organizzazioni, tra cui l’Agenzia Spaziale Australiana (ASRI), Electro Optic Systems, l’ANU Institute for Space, lo Space Surveillance Radar System, l’Industrial Sciences Group e l’Australian Institute for Machine Learning con finanziamenti dello SmartSat CRC. 

In un modo o nell’altro, alla fine dovremo ripulire il nostro quartiere spaziale se vogliamo continuare a beneficiare delle regioni più vicine dell’“ultima frontiera”.

Sofia Bianchi

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