Il 14 settembre 2020 un team di ricerca internazionale ha scovato tracce di fosfina nell’atmosfera di Venere. Il gas può essere prodotto in solo due modi: da processi industriali o da microrganismi che proliferano in ambienti privi di ossigeno. Oggi, nuova analisi ha scoperto che la luce solare che filtra attraverso le nuvole di Venere potrebbe supportare la fotosintesi, quindi la vita. Un meccanismo simile a quello terrestre ma negli strati delle nuvole. A determinate condizioni chimiche, queste nuvole sono potenzialmente suscettibili alla crescita di microrganismi.
La conferma della scoperta ha richiesto l’utilizzo di 45 antenne di ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) in Cile, e del telescopio più sensibile l’ESO (European Southern Observatory). Entrambi gli strumenti hanno osservato Venere a una lunghezza d’onda di circa 1 millimetro. La misura è molto di più quanto l’occhio umano possa vedere e solo i telescopi ad altitudini elevate possono rilevarla.
La nuova ricerca
Il professore di biochimica Rakesh Mogul è l’autore principale dello studio, Potential for Phototrophy in Venus’ Clouds. Pubblicato online questa settimana (rif.) dalla rivista Astrobiology, la ricerca è incentrata sulla possibile idoneità delle nuvole venusiane per la vita microbica e sugli ostacoli che potrebbero impedirla. Secondo Mogul e il suo team, che include Michael Pasillas, la fotosintesi potrebbe avvenire h24 nelle nuvole di Venere con le nuvole medie e inferiori che ricevono energia solare simile alla superficie terrestre.
Proprio come la vita sulla Terra, ipotetici fototrofi nelle nuvole di Venere avrebbero accesso all’energia solare durante il giorno. Ma il team ha scoperto che la fotosintesi può continuare per tutta la notte a causa dell’energia termica o infrarossa proveniente dalla superficie e dall’atmosfera. Questo fornirebbe ai microrganismi fotosintetici ampie opportunità di diversificarsi tra gli strati delle nuvole. Sia la radiazione solare che quella termica nelle nuvole di Venere possiedono lunghezze d’onda che possono essere assorbite dai pigmenti fotosintetici presenti sulla Terra.
Fototrofia di Venere
Yeon Joo Lee, un coautore dello studio, ha utilizzato un modello di trasferimento radiativo per dimostrare che gli attuali strati di nubi medi e inferiori sopra Venere ricevono significativamente meno UV. La riduzione è stimata nel 80-90% in meno di flusso nell’UV-A rispetto a superficie terrestre. Inoltre risultano essenzialmente impoveriti delle radiazioni UV-B e UV-C, che rappresentano i componenti più dannosi degli UV.
Per misurare il potenziale fotosintetico notturno tramite l’energia termica di Venere, Mogul e il suo team hanno confrontato i flussi di fotoni che salgono dall’atmosfera calda e dalla superficie venusiana. I dati rilevati sono stati confrontati con i flussi di fotoni all’interno di habitat fototrofi con scarsa illuminazione sulla Terra. Il confronto ha mostrato che i flussi di fotoni dall’atmosfera e dalla superficie di Venere superano i flussi misurati in questi ambienti fototrofi con scarsa illuminazione sulla Terra.
Le conclusioni
Un recente rapporto, aveva concluso che le nuvole venusiane erano troppo secche per supportare la vita. Al contrario Mogul e il suo team hanno scoperto che le condizioni chimiche delle nuvole di Venere potrebbero essere in parte composte da forme neutre di acido solforico, come il bisolfato di ammonio.
“Il nostro studio fornisce un supporto tangibile per il potenziale di fototrofia e/o chemiotrofia da parte di microrganismi nelle nuvole di Venere”, ha affermato Mogul. “I livelli di acidità e attività dell’acqua rientrano potenzialmente in un intervallo accettabile per la crescita microbica sulla Terra. L’illuminazione costante con UV limitati suggerisce che le nuvole di Venere potrebbero essere ospitali per la vita. Riteniamo che le nuvole rappresenterebbero un ottimo obiettivo per missioni di abitabilità o rilevamento della vita, come quelle attualmente pianificate per Marte ed Europa”.
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Grazie per la citazione come fonte