Il telescopio spaziale James Webb ha scoperto un elenco di molecole organiche complesse nei ghiacci di una nube molecolare.

Un team astronomi ha utilizzato il James Webb Space Telescope per ottenere un inventario approfondito degli elementi presenti nei ghiacci più freddi misurati fino ad oggi presenti in una nube molecolare. 

Oltre a semplici elementi come l’acqua, il team è stato in grado di identificare forme congelate di un’ampia gamma di molecole. Tra queste come solfuro di carbonile, ammoniaca e metano, sino più semplice molecola organica, il metanolo. Per il momento questo è il censimento più completo degli ingredienti ghiacciati disponibili per creare le future generazioni di stelle e pianeti, prima che vengano riscaldati dalla formazione stellare

Molecole organiche nella nube

“I nostri risultati forniscono informazioni sulla fase chimica iniziale della formazione dei granelli di ghiaccio e di polvere interstellare da cui si formano i pianeti”, ha affermato Melissa McClure, astronoma dell’Osservatorio di Leida, autore principale dell’articolo (rif.). “Queste osservazioni aprono una nuova finestra sui percorsi di formazione delle molecole semplici e complesse necessarie per costruire i mattoni della vita”.

Oltre alle molecole elencate, il team ha trovato prove di molecole più complesse del metanolo, sebbene non abbiano attribuito i segnali a molecole specifiche. Questo dimostra, che le molecole complesse si formano nelle gelide profondità delle nubi molecolari prima che nascano le stelle.

“Lidentificazione di molecole organiche, come il metanolo, suggerisce che i sistemi stellari e planetari che si sviluppano in questa nube erediteranno molecole in uno stato chimico avanzato”, ha aggiunto Will Rocha, un astronomo dell’Osservatorio di Leida. “Questo potrebbe significare che la presenza di queste molecole nei sistemi planetari è un risultato comune, piuttosto che una caratteristica unica del nostro Sistema Solare.

Le linee di assorbimento

Rilevando il solfuro di carbonile nel ghiaccio, i ricercatori hanno stimato per la prima volta la quantità di zolfo incorporata nei granelli di polvere. Sebbene la quantità misurata è maggiore di quanto osservato in precedenza, risulta ancora inferiore alla quantità totale che dovrebbe essere presente, in base alla densità. La sfida chiave per gli astronomi è capire dove si nascondono questi elementi: nei ghiacci, nei materiali simili alla fuliggine o nelle rocce. 

“Il fatto che non abbiamo misurato ciò che ci aspettiamo potrebbe indicare che gli elementi sono rinchiusi in materiali più rocciosi o fuligginosi che non possiamo misurare”, ha spiegato McClure. L’analisi chimica dei ghiacci è stata ottenuta studiando la luce stellare. La luce delle stelle dietro la nube, viene assorbita dai ghiacci a specifiche lunghezze d’onda infrarosse visibili a James Webb. Il processo lascia impronte chimiche dette linee di assorbimento , Queste, una volta identificate, possono essere confrontate per identificare gli elementi presenti nella nube molecolare. 

Questi grafici mostrano i dati spettrali di tre degli strumenti del James Webb Space Telescope. Oltre all’acqua, il team scientifico è stato in grado di identificare forme congelate di un’ampia gamma di molecole, dall’anidride carbonica, ammoniaca e metano, alla più semplice molecola organica complessa, il metanolo. Credit: NASA

Nella ricerca, il team ha preso in analisi una regione fredda, densa e difficile da indagare della nube molecolare Chamaeleon I. La regione si trova a circa 630 anni luce dalla Terra ed è attualmente in procinto di formare dozzine di giovani stelle. “Non avremmo potuto osservare questi ghiacci senza Webb”, ha spiegato Klaus Pontoppidan, scienziato del progetto James Webb presso lo Space Telescope Science Institute di Baltimora. 

Il progetto Ice Age

La ricerca fa parte del progetto Ice Age, uno dei 13 programmi di James Webb Early Release Science . Le osservazioni sono progettate per mostrare le capacità d’indagine di James Webb e per consentire alla comunità astronomica di conoscere i suoi strumenti. 

“Questa è solo la prima di una serie di istantanee spettrali che otterremo. Vogliamo vedere come i ghiacci si evolvono dalla loro sintesi iniziale ai dischi protoplanetari”, ha concluso McClure. “L’analisi ci dirà quale miscela di ghiacci può eventualmente essere consegnata alle superfici degli esopianeti terrestri o incorporata nelle atmosfere di gas giganti o pianeti di ghiaccio”.

Stefano Gallotta

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