I licheni del Mojave resistono ai raggi UVC un indizio che la vita sopravvivere anche su esopianeti irradiati da stelle più violente del Sole

I licheni del Mojave resistono ai raggi UVC

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Comprendere su quali pianeti possa svilupparsi la vita extraterrestre potrebbe celarsi tra le rocce e la sabbia dei deserti più inospitali della Terra. Più precisamente, nei licheni, organismi resilienti capaci di resistere a condizioni estreme grazie a un elemento sorprendente. Gli scienziati l’hanno definito come la migliore crema solare del mondo.

Questo risultato arriva da un team di ricercatori che ha osservato come i licheni presenti nel Deserto del Mojave siano riusciti a sopravvivere per ben tre mesi sotto livelli di radiazione solare precedentemente considerati letali per la loro sopravvivenza. Nonostante i danni subiti, questi licheni sono stati in grado non solo di riprendersi, ma anche di replicarsi. Un fatto che apre scenari promettenti sulla possibilità che forme di vita fotosintetiche simili possano prosperare su pianeti rocciosi al di fuori del nostro Sistema Solare anche se esposti a radiazioni stellari giudicate finora incompatibili con la vita.

“Lo studio è stato motivato da un’osservazione curiosa” ha raccontato Henry Sun, scienziato del Desert Research Institute. “Stavo semplicemente camminando nel deserto e ho notato che i licheni lì non sono verdi, ma neri. Sono organismi fotosintetici e contengono clorofilla, quindi dovrebbero essere verdi”. “Allora mi sono chiesto: ‘Qual è il pigmento che stanno indossando?’ E quel pigmento si è rivelato essere la migliore crema solare del mondo.”

Un microecosistema protettivo

I licheni del Mojave, oggetto di studio, si chiama Clavascidium laciniatum, conosciuto anche come lichene comune. Si tratta di una simbiosi tra alghe (o cianobatteri) e funghi, diffusa in ambienti aridi in tutto il mondo. Come tutte le forme di vita sulla Terra, anche il lichene dipende dalla luce solare, sfruttata tramite la fotosintesi per produrre zuccheri e quindi energia.

Tuttavia, la luce solare non è composta solo da radiazioni benefiche. Le radiazioni ultraviolette (UV), in particolare, possono essere molto dannose. Gli organismi terrestri hanno sviluppato difese contro le radiazioni UVA (responsabili dell’invecchiamento cutaneo) e UVB (associate a scottature e tumori della pelle). Ma esiste una terza forma di radiazione, ancora più pericolosa, la UVC.

La UVC ha una lunghezza d’onda più corta e una carica energetica superiore rispetto a UVA e UVB. Può causare gravi danni al DNA, fino a impedirne la replicazione. Proprio per questa sua pericolosità, viene utilizzata per sterilizzare acqua e aria, eliminando batteri e virus. Fortunatamente, l’atmosfera terrestre assorbe completamente questa radiazione, proteggendo la superficie del pianeta. Tuttavia, su altri mondi non è detto che ci sia un’atmosfera altrettanto protettiva.

L’esperimento sotto radiazioni UVC

Gli scienziati hanno voluto verificare come il lichen avrebbe reagito a un’esposizione diretta alla radiazione UVC, simulando condizioni simili a quelle che potrebbero esserci su un esopianeta orbitante attorno a stelle di classe M o F. Queste stelle, più calde e luminose del Sole, emettono quantità significative di radiazioni UVC, specialmente durante i brillamenti.

“Dopo il lancio del James Webb Space Telescope (JWST), capace di osservare a distanze siderali, l’interesse si è spostato dalla vita su Marte agli esopianeti” ha spiegato Sun. “Stiamo parlando di pianeti che possiedono acqua liquida e un’atmosfera”.Per simulare l’ambiente estremo, il team ha collocato un campione di lichen accanto a una lampada UVC per tre mesi, in condizioni controllate. “Perché un microrganismo possa sopravvivere su un pianeta, deve resistere più di un solo giorno” ha sottolineato Sun. “Quindi il nostro esperimento doveva avere una durata ecologicamente significativa. Volevamo anche andare oltre la semplice attività cellulare e dimostrare la viabilità”. Il risultato è stato sorprendente. Circa la metà delle cellule del lichene hanno riacquistato la capacità di replicarsi una volta che è stata reintrodotta l’acqua.

Il segreto è nella pelle… dei licheni del Mojave

L’analisi chimica condotta insieme ai colleghi dell’Università del Nevada ha mostrato che la protezione offerta dal lichene è dovuta ad acidi organici simili a quelli impiegati per rendere i materiali plastici resistenti ai raggi UV. Ulteriori studi al microscopio hanno evidenziato che lo strato superiore del lichen è più scuro, proprio come una sorta di abbronzatura protettiva.

Ancora più significativo è il fatto che, quando i ricercatori hanno separato le alghe e i funghi che compongono il lichen, le alghe da sole non hanno resistito nemmeno per pochi minuti all’esposizione UVC. “Siamo giunti alla conclusione che lo strato superiore del lichene, uno strato sottile meno di un millimetro, potremmo chiamarlo pelle assicura che tutte le cellule sottostanti siano protette dalla radiazione” ha affermato Sun. “Questo strato agisce come un fotostabilizzatore e protegge le cellule anche dalle reazioni chimiche dannose indotte dalla radiazione, inclusa la formazione di ossigeno reattivo”.

La scoperta apre possibilità entusiasmanti per l’astrobiologia. Se un organismo terrestre, come i licheni del Mojave, può sopravvivere a tali condizioni, è plausibile che su alcuni esopianeti possano esistere colonie di microrganismi simili, anch’essi dotati di accorgimenti che li rende praticamente immuni allo stress da UVC. “Questo lavoro rivela l’incredibile tenacia della vita anche nelle condizioni più estreme, un promemoria del fatto che la vita, una volta iniziata, tende a perseverare” ha dichiarato Tejinder Singh, ricercatore della NASA Goddard Space Flight Center e leader del team. “Esplorando questi limiti, ci avviciniamo sempre di più a comprendere dove la vita potrebbe essere possibile oltre questo pianeta che chiamiamo casa”. La ricerca è stata pubblicata il 12 giugno sulla rivista Astrobiology (rif.), aggiungendo un nuovo tassello alla nostra comprensione di quanto la vita sia flessibile e quanto poco basti forse solo una “crema solare naturale” per permettere a forme viventi di resistere anche nei luoghi più impensabili dell’universo.

Stefano Gallotta

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