Le cellule staminali del ricercatore Dhruv Sareen sono in orbita attorno alla Terra sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Lo scopo ? Verificare se le cellule staminali crescono meglio nello spazio. Gli scienziati del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles stanno cercando nuove metodiche e tecnologie, per produrre enormi lotti di staminali. Le cellule sono in grado di generare quasi qualsiasi altro tipo di cellula e quindi tessuti del corpo. Potenzialmente possono essere utilizzate per trattare molte patologie.
Le cellule staminali a bordo della ISS
Le cellule sono arrivate durante il fine settimana scorsa a bordo della Stazione Spaziale Internazionale su una navetta cargo di rifornimento. “Non credo che sarei in grado di pagare qualunque cosa costi adesso” per fare un giro privato nello spazio, ha detto scherzando Sareen. “Almeno una parte del mio lavoro può salire!”. L’esperimento è l’ultimo progetto di ricerca che prevede il lancio di cellule staminali nello spazio per valutare come crescono. Tutti i progetti in tale ambito, mirano a superare la difficoltà terrestre di produrre in grande quantità questa tipologia di cellule.
“Spingendo i confini in questo modo, otteniamo conoscenza, scienza e apprendimento”, ha affermato Clive Svendsen, direttore esecutivo del Cedars-Sinai’s Regenerative Medicine Institute. Sei precedenti progetti da Stati Uniti, Cina e Italia hanno inviato vari tipi di cellule staminali. Tra questi lo studio sugli effetti della microgravità sulla funzione cardiaca a livello cellulare, condotto dal dottor Joseph Wu della Stanford University. Lo stesso dottor Wu che ha contribuito a coordinare una serie di programmi sulla ricerca spaziale sulle cellule staminali l’anno scorso.
Nonostante gli enormi forzi che la ricerca sta producendo nell’ultimo decennio, le ricadute sulla popolazione terrestre potrebbero essere un po’ più lontane del previsto. Ad oggi, gli unici prodotti a base di cellule staminali approvati dalla Food and Drug Administration (FDA), contengono cellule ottenute dal sangue del cordone ombelicale e della placenta. Non esistono terapie approvate che utilizzino il tipo di staminali “spaziali” o derivate, ha affermato Jeffrey Millman, esperto ingegnerie biomedico della Washington University di St. Louis. Nonostante questa evidente lentezza degli enti regolatori, gli scienziati continuano a guardare con enorme interesse a questa tipologia di cellula.
Il ruolo strategico della gravità
Questo potenziale è frenato da un frustrante problema terrestre: la gravità del pianeta rende difficile la crescita delle grandi quantità di cellule necessarie per future terapie per una moltitudine di pazientei “Con l’attuale livello tecnologico, anche se la FDA approvasse immediatamente una di queste terapie, non avremmo la capacità di produrre le staminali nelle quantità sufficienti per curare i malati” ha affermato Millman. Al momento la produzione delle cellule staminali è affidata a grandi bioreattori. In questi “silos”, le cellule devono essere mescolate vigorosamente per evitare l’aggregarsi, per colpa della gravità appunto, sul fondo del serbatoio.
Questo accumulo genera stress cellulare e di conseguenza causare la morte della maggior parte delle cellule prodotte. “A zero G, non c’è forza sulle cellule staminali, quindi crescono nello spazio in un modo diverso”, ha detto Svendsen. Il team Cedars-Sinai ha inviato quelle che vengono chiamate cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC). Questa tipologie di cellula è generata artificialmente a partire da cellule già differenziate, di soliti una cellula somatica adulta, mediante l’introduzione di quattro geni specifici codificanti determinati fattori di trascrizione. Le proteine risultati, inducono la conversione in cellule staminali una specifica linea cellulare, che a sua volta potrà svilupparsi in cellula differenziata.
Per il loro esperimento, finanziato dalla NASA, un contenitore delle dimensioni di una scatola di scarpe piena di sfere di cellule con tutto il necessario per mantenerle in vita per quattro settimane, è stato inviato sulla ISS. Per questo esperimento spaziale, gli scienziati hanno utilizzato cellule staminali derivate dai loro globuli bianchi. Nel frattempo, i medesimi ricercatori, condurranno lo stesso esperimento sulla Terra con con un parte del pool cellulare di partenza. Tra cinque settimane circa, la scatola di cellule staminali spaziali ritornerà sulla Terra con la capsula Dragon di SpaceX e verranno confrontate con quelle cresciute nei laboratori del Cedars-Sinai Medical Center.
Specie umana vs spazio
Nella stessa navetta cargo, i ricercatori dell’Università della California, hanno inviato anche cellule staminali del sangue, una ripetizione dell’esperimento condotto lo scorso anno. Vogliono scoprire se l’orbita terrestre bassa induce un invecchiamento più rapido nelle cellule, che potenzialmente genera problemi alla base dei cambiamenti precancerosi. L’obiettivo primario è proteggere la salute degli astronauti. Afshin Beheshti, ricercatore presso l’Ames Research Center della NASA, ha affermato che gli scienziati stanno appena iniziando a comprendere alcuni rischi dei viaggi nello spazio.
Ricordiamo che altri gruppi di ricerca hanno messo in evidenza problemi ematici (anemia spaziale) e problemi alla densità ossa (riduzione del tessuto osseo), per tutti gli astronauti di ritorno da missioni spaziali più o meno lunghe. “Ci sono più incognite nello spazio di quante se ne conoscono. Qualsiasi nuovo tipo di esperimento farà luce su come il corpo risponde all’ambiente spaziale” ha affermato Beheshti. In definitiva, la ricerca dovrebbe produrre oltre alle ricadute pratiche e terrene come nuove terapie, anche aumentare, probabilmente le possibilità umane come specie multi planetaria.
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