Una ricerca basata con un approccio diverso alla relatività generale permetterebbe di ricavare nuove informazioni sui buchi neri

In astrofisica si dice che “i buchi neri non hanno capelli”. Questa bizzarra espressione è basata sulla teoria della relatività generale, perchè i buchi neri sono oggetti molto semplici. Tutto quello che serve per descriverli sono: la massa, la carica elettrica e la velocità di rotazione. Con solo con questi tre dati, si si descrive un buco nero. Quindi in altre parole non posseggono informazioni aggiuntive.

Questo aspetto è estremamente frustrante per gli astrofisici. Da decenni cercano disperatamente capire come funzionano questi colossi cosmici. Ma poiché i buchi neri non hanno informazioni aggiuntive, non c’è modo di saperne di più su di loro e su cosa li fa funzionare. Per tale ragione, rimangono alcuni degli oggetti più enigmatici e misteriosi dell’universo.

La torsione dello spazio-tempo

Il concetto de buchi neri “senza capelli” si basa sulla nostra attuale comprensione della relatività generale, come originariamente formulata da Albert Einstein. La relatività si concentra sulla curvatura dello spazio-tempo. Qualsiasi entità dotata di massa o energia piegherà lo spazio-tempo attorno a sé e quella flessione determinerà il movimento di queste entità.

Questo però non è l’unico approccio alla teoria della relatività. Un modo completamente diverso si concentra invece sulla “torsione”, piuttosto che sulla curvatura, dello spazio-tempo. In questa immagine, qualsiasi entità dotata di massa o energia attorciglia lo spazio-tempo attorno a sé e questa torsione istruisce gli altri oggetti su come muoversi.

I due approcci, uno basato sulla curvatura e l’altro basato sulla torsione, sono matematicamente equivalenti. Ma poiché Einstein ha sviluppato per primo il linguaggio basato sulla curvatura, questo è molto più utilizzato. L’approccio tortuoso, noto come gravità “teleparallela” per il suo uso matematico di linee parallele, offre molto spazio per intriganti intuizioni teoriche che non sono ovvie nell’approccio della curvatura.

La gravità teleparallela

Ad esempio, un team di fisici teorici ha recentemente esplorato come la gravità teleparallela potrebbe affrontare il problema dei buchi neri.  Il loro lavoro è stato inserito nel database di prestampa arXiv a luglio (rif.). I fisici ha esaminato le potenziali estensioni della relatività generale utilizzando quello che viene chiamato campo scalare. Un famoso esempio di campo scalare è il bosone di Higgs, che è responsabile di conferire la massa a molte particelle.

Potrebbero esserci ulteriori campi scalari che popolano l’universo e alterano il funzionamento della gravità. I fisici utilizzano da tempo i campi scalari nel tentativo di spiegare la natura dei misteri cosmici come la materia oscura e l’energia oscura.

Nella relatività generale basata sulla curvatura regolare, ci sono solo un certo numero di modi per aggiungere campi scalari. Ma nella gravità teleparallela ci sono molte più opzioni. Il gruppo di ricerca ha scoperto un modo per aggiungere campi scalari alla relatività generale utilizzando la struttura teleparallela. Quindi, hanno utilizzato questo approccio per indagare se questi campi scalari, che altrimenti sarebbero invisibili, potrebbero apparire vicino ai buchi neri.

Se e come cambierà l’astrofisica ?

Il risultato dello studio è che i campi scalari, aggiunti alla relatività generale, quando esplorati attraverso la lente teleparallela, hanno dato nuove informazioni ai buchi neri. Il “capello” è la presenza di un forte campo scalare vicino all’orizzonte degli eventi. Fondamentalmente, questo campo scalare trasporta informazioni all’interno del buco nero. Questo consentirebbe agli scienziati di capire di più su questi oggetti cosmici senza doversi tuffare al loro interno.

Ora che i ricercatori hanno identificato questa possibilità, devono lavorare sulle conseguenze osservative di questi risultati. Ad esempio, le future osservazioni delle onde gravitazionali potrebbero rivelare sottili tracce di questi campi scalari nelle collisioni dei buchi neri.

Stefano Gallotta

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