Il telescopio spaziale Hubble ha catturato immagini straordinarie di 36 galassie nane di Andromeda, fornendo dati cruciali per comprendere la formazione ed evoluzione della galassia. Questa ricerca, frutto di oltre mille orbite attorno alla Terra, rappresenta una svolta nello studio delle strutture galattiche e delle loro interazioni. I risultati, pubblicati il 28 gennaio su The Astrophysical Journal (rif.), confermano che l’universo ospita una straordinaria varietà di strutture galattiche, ognuna con una storia evolutiva unica.
Le galassie nane di Andromeda presentano caratteristiche eterogenee e, in molti casi, orbite enigmatiche che sfidano le teorie cosmologiche convenzionali. Secondo Daniel Weisz dell’Università della California, Berkeley, “è necessaria una spiegazione per la grande diversità del sistema di satelliti di Andromeda”. Questo fenomeno si inserisce nel modello cosmologico standard, che prevede la formazione gerarchica delle galassie attraverso la fusione di piccole strutture sotto l’influenza della materia oscura fredda.
Il ruolo della materia oscura e la formazione delle galassie
Nel modello tradizionale, le galassie si formano all’interno di aloni di materia oscura, la cui gravità attira la materia ordinaria per creare strutture più grandi. Le galassie satelliti di oggi rappresentano i residui di questa fase iniziale, avvenuta oltre 13 miliardi di anni fa. Tuttavia, l’organizzazione di alcune galassie nane di Andromeda solleva dubbi su questo modello.
Un aspetto sorprendente è che circa la metà delle galassie nane di Andromeda si muove lungo un piano orbitale comune, sfidando l’idea che dovrebbero avere traiettorie casuali all’interno dell’alone di materia oscura. “È stato un vero shock trovare i satelliti disposti in questa configurazione, e ancora non comprendiamo pienamente il motivo”, ha dichiarato Weisz.
Un altro aspetto intrigante riguarda la formazione stellare nelle galassie nane di Andromeda. A differenza delle galassie nane della Via Lattea, che hanno interrotto la formazione stellare miliardi di anni fa, alcune galassie di Andromeda hanno continuato a generare nuove stelle a ritmo lento per tutta la loro storia cosmica. “La formazione stellare è proseguita fino a tempi recenti, un comportamento inatteso per queste galassie nane”, ha spiegato Alessandro Savino dell’Università della California, Berkeley.
Un possibile indizio è la loro distanza dalla galassia madre: più una galassia nana si avvicina ad Andromeda, maggiore è l’influenza della sua gravità sulla sua evoluzione. “È una chiara dimostrazione di come la crescita delle piccole galassie venga disturbata dall’influenza di una galassia massiccia come Andromeda”, ha aggiunto Savino.
MOND contro la materia oscura
La disposizione anomala delle galassie nane di Andromeda ha portato alcuni scienziati a considerare alternative al modello standard. Una di queste è la teoria della Dinamica Newtoniana Modificata (MOND), che propone una revisione delle leggi gravitazionali a basse accelerazioni, eliminando la necessità della materia oscura. Secondo MOND, la Via Lattea e Andromeda potrebbero aver avuto un incontro ravvicinato circa 8 miliardi di anni fa. Questo evento avrebbe strappato materiale dalla nostra galassia, creando un anello di galassie nane attorno ad Andromeda, simile alla formazione delle lune intorno ai pianeti.
Tuttavia, non tutti gli astronomi concordano con questa ipotesi, sostenendo che la disposizione osservata possa essere frutto di una semplice coincidenza. L’immagine di Hubble rappresenta solo la prima metà di un progetto più ampio. Nei prossimi cinque anni, ulteriori osservazioni con Hubble o il telescopio spaziale James Webb consentiranno di monitorare i movimenti delle galassie nane di Andromeda. Analizzando le variazioni orbitali, gli astronomi potranno risalire alla loro origine e comprendere meglio la storia della galassia madre.
Le differenze tra Andromeda e la Via Lattea sollevano interrogativi sul modo in cui gli scienziati estrapolano le conoscenze sulla nostra galassia per spiegare l’evoluzione dell’universo. “Tendiamo sempre a usare la nostra galassia come modello per comprendere le altre, ma le nuove osservazioni mostrano che le galassie possono essere molto più diverse di quanto immaginavamo”, ha concluso Weisz.
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