Durante il Big Bang, le fluttuazioni quantistiche dell’universo si sono espanse insieme allo spazio in rapida crescita, generando le cosiddette onde gravitazionali primordiali. In teoria, queste onde dovrebbero ancora oggi increspare la trama dello spaziotempo, unite a quelle prodotte da altri eventi cosmici, come la fusione di buchi neri supermassicci in galassie lontane. Tutte insieme formerebbero un tenue fondo di onde gravitazionali che attraversa l’intero cosmo. Ma come possiamo rilevare queste sottili increspature nello spazio-tempo?
La triangolazione con le pulsar
Per cercare questo fondo di onde gravitazionali primordiali, gli astronomi si affidano a una tecnica ingegnosa: l’uso di array di pulsar. Le pulsar sono stelle di neutroni morte che ruotano così velocemente da emettere fasci di radiazione dai poli magnetici, percepiti come impulsi radio regolari. La loro estrema regolarità le rende degli orologi cosmici quasi perfetti. Qualsiasi deviazione nella frequenza dei loro impulsi segnala che qualcosa sta disturbando lo spaziotempo tra noi e loro.
Se lo spazio è permeato da un fondo di onde gravitazionali provenienti sia dall’inflazione cosmica sia da coppie di buchi neri supermassicci in fusione, allora di tanto in tanto una di queste onde attraverserà lo spazio tra la Terra e le pulsar vicine. Se più pulsar in una stessa regione del cielo mostrano contemporaneamente la stessa anomalia nei loro impulsi, ciò costituisce un forte indizio del passaggio di un’onda gravitazionale.
Nel 2023, la collaborazione NANOGrav (North American Nanohertz Observatory for Gravitational Waves), insieme ad altri esperimenti in Australia, Europa e India, ha pubblicato risultati che indicano con forza di aver rilevato tracce del fondo di onde gravitazionali attraverso gli array di pulsar. Anche se le prove non sono ancora definitive, quando lo saranno il passo successivo sarà distinguere le diverse origini di queste onde: quelle dovute ai buchi neri supermassicci e quelle generate dal Big Bang.
Una nuova ricerca
Due fisici dell’Università di Hirosaki, Hideki Asada e Shun Yamamoto, propongono una possibile soluzione a questo enigma illustrata in un nuovo studio (rif.). “Nel nostro studio abbiamo esplorato la situazione in cui una coppia vicina di buchi neri supermassicci produce un segnale particolarmente forte”, ha spiegato Asada in un comunicato. “Se due sistemi di questo tipo hanno frequenze molto simili, le loro onde possono interferire e creare un motivo di battimento, come avviene in acustica. Questa caratteristica potrebbe, in linea di principio, permetterci di distinguerle dal fondo stocastico dell’inflazione“.
Le onde gravitazionali emesse da due coppie di buchi neri supermassicci con frequenze simili potrebbero entrare in uno stato di sovrapposizione quando si incontrano. L’allineamento dei picchi e delle valli di queste onde darebbe luogo a interferenze costruttive e distruttive, creando una modulazione nel segnale temporale delle pulsar. Questo battito cosmico potrebbe essere rilevato da strumenti futuri, più sensibili di quelli attuali.
Distinguere le onde gravitazionali generate dalle coppie di buchi neri supermassicci permetterebbe agli astronomi di stimare quante di queste coppie esistono nell’universo e di determinarne le masse. Ancora più affascinante, isolando il contributo dei buchi neri, si potrebbe finalmente separare il segnale delle onde gravitazionali primordiali, nate durante l’inflazione cosmica, quella brevissima fase iniziale in cui l’universo è esploso in un’espansione rapidissima. Riuscire a individuare e distinguere queste onde gravitazionali primordiali fornirebbe ai cosmologi una nuova chiave per esplorare le origini stesse del cosmo, aprendo una finestra diretta sul momento della creazione.
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