Una nuova ricerca riporta in auge la possibilità di terraformare Marte con l'utilizzo di nanoparticelle di polvere prodotte in loco

Secondo un nuovo studio (rif.), terraformare Marte potrebbe essere possibile utilizzando nanoparticelle di polvere prodotte artificialmente sul Pianeta Rosso, per aumentare la temperatura di oltre 30 gradi Celsius. Attualmente, la temperatura media sulla superficie di Marte è di -60 gradi Celsius e la pressione atmosferica è di soli 6-7 millibar, rispetto ai 1.013 millibar a livello del mare sulla Terra.

La sottile atmosfera marziana è irrespirabile, composta principalmente da anidride carbonica. L’acqua del pianeta è invece bloccata nelle calotte polari e negli strati sotterranei di ghiaccio che si trovano principalmente alle alte e medie latitudini. Quindi, allo stato attuale delle cose, Marte non è ospitale per la vita umana. Ma gli esploratori interplanetari sognano da tempo di renderlo abitabile, modificando artificialmente le condizioni sul Pianeta Rosso, in un processo noto come terraformazione.

La chiave è la polvere marziana

L’effetto serra naturale di Marte riscalda il pianeta solo di circa 5 gradi Celsius. Quindi il primo passo per terraformare Marte è aumentare la quantità di gas serra nell’atmosfera. Nel tempo sono stati proposti vari metodi, come far impattare asteroidi o comete sulla superficie per rilasciare vapore acqueo e altri gas riscaldanti fino a pensare all’utilizzo di armi atomiche. Oggi, i ricercatori guidati da Samaneh Ansari hanno proposto un modo rivoluzionario per riscaldare Marte. Decisamente più fattibile rispetto alle proposte passate perché usa risorse già disponibili sul Pianeta Rosso ed inoltre è 5.000 volte più efficiente.

Marte possiede sulla superficie molta polvere. Le tempeste di polvere marziana, possono inghiottire facilmente l’intero pianeta. Le dimensioni e la forma dei granelli, implicano che la polvere abbia un effetto di raffreddamento sul pianeta. Le varie missioni con i rover su Marte hanno scoperto che la polvere marziana è ricca di ferro e alluminio.

Questi materiali, potrebbero essere usati per creare nanoparticelle sagomate per intrappolare meglio la radiazione infrarossa e riflettere la luce solare verso la superficie. Le nanoparticelle sarebbero minuscole, lunghe circa 9 milionesimi di metro, ma sarebbero progettate per avere una lunghezza d’onda pari alla metà di quella della radiazione termica, in modo da assorbire in modo più efficiente il calore che si disperde da Marte.

Produrre nanoparticelle di polvere artificale

Il team di Ansari calcola che ogni anno dovrebbero essere lavorati 20 milioni di metri cubi di polvere marziana per ottenere 700.000 metri cubi di metalli da cui produrre le nanoparticelle. Ciò richiederebbe una produzione su larga scala equivalente a un tre millesimo della produzione annuale di metallo sulla Terra. La stampa 3D potrebbe aiutare a contenere i costi, mentre grandi lenti e specchi potrebbero essere utilizzati per focalizzare la luce solare per far evaporare le particelle di polvere, isolando i metalli necessari per poter essere estratti e trasformati in nanoparticelle. 

“Ci vorrebbero comunque milioni di tonnellate per riscaldare il pianeta, ma sono 5.000 volte meno di quanto servirebbero con le precedenti proposte per riscaldare globalmente Marte”, ha affermato Edwin Kite, membro del team di studio e professore di geofisica presso l’Università di Chicago. “Questo aumenta significativamente la fattibilità del progetto”.

Una volta prodotte, le nanoparticelle di povere potrebbero essere emesse nel cielo marziano a una velocità di circa 30 litri al secondo tramite un tubo alto da 10 a 100 m, dove le correnti ascensionali sono più forti. Se potessero essere rilasciate in una cella Hadley ascensionale, sarebbe ancora meglio, poiché consentirebbe la dispersione della polvere in entrambi gli emisferi, fino ad altitudini di 60 km. Inoltre queste nanoparticelle di polvere avrebbero una durata di circa 10 anni nell’atmosfera un tempo opportuno per terraformare Marte.

L’effetto serra e l’acqua liquida

L’incremento dell’effetto serra aumenterebbe la temperatura superficiale di oltre 30 gradi Celsius, secondo lo studio, e l’effetto diventerebbe evidente solo pochi mesi dopo il rilascio delle nanoparticelle. Ma questo non renderebbe Marte abbastanza caldo per un’abitazione umana confortevole durante tutto l’anno. Invece permetterebbe all’acqua di liquefarsi in alcuni luoghi in cui c’è ghiaccio e creerebbe condizioni in cui la vita microbica potrebbe prosperare, e forse persino facilitare la crescita di vegetazione portata dalla Terra.

“Ciò suggerisce che la barriera al riscaldamento di Marte, tale da consentire la presenza di acqua liquida, non è così elevata come si pensava in precedenza”, ha affermato Kite. Le piante potrebbero quindi iniziare ad aggiungere ossigeno all’atmosfera attraverso la fotosintesi e, si spera, creare processi di feedback positivi attraverso i quali l’atmosfera si ispessisce e si riscalda gradualmente.

Tuttavia, il team di Ansari avverte anche che se si scoprisse che Marte ha una sua vita microbica, allora terraformare il suo ambiente potrebbe distruggere quella vita. Quindi la prospettiva di terraformare il Pianeta Rosso pone delle questioni etiche spinose.

Un processo lungo

Curiosamente, il team di Ansari suggerisce anche che le nanoparticelle potrebbero fungere da tecnofirma per gli astronomi alla ricerca di prove di vita aliena intelligente. La forma delle nanoparticelle significa che rifletteranno o disperderanno la luce in maniera altamente specifica. Se una civiltà aliena sta usando nanoparticelle di polvere, o qualcosa di simile, per terraformare un mondo freddo nel loro sistema planetario come Marte, allora questo potrebbe essere rilevabile.

Ma il team di Ansari sottolinea che le nanoparticelle da sole non renderanno Marte comodamente abitabile per gli umani. Per prima cosa, non forniranno un’atmosfera respirabile. “Il riscaldamento provocato dalle nanoparticelle, da solo, non è sufficiente a rendere nuovamente abitabile la superficie del pianeta”, hanno scritto i ricercatori nel loro articolo.

Tuttavia, se tutto andrà per il meglio, “la ricerca apre nuove strade all’esplorazione e potenzialmente ci avvicina di un passo al sogno di lunga data di stabilire una presenza umana sostenibile su Marte”, ha affermato Kite. Come hanno scritto i ricercatori nel loro articolo: “Se si potesse stabilire una biosfera fotosintetica sulla superficie di Marte, magari con l’ausilio della biologia sintetica, allora ciò potrebbe aumentare la capacità del Sistema Solare di prosperare per l’uomo”

Stefano Gallotta

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