Tramite lo studio delle radiazione cosmica di fondo i ricercatori dell'ATC hanno creato una nuova dettagliata mappa della materia oscura

La mappa dettagliata della materia oscura

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Per millenni, gli esseri umani sono stati affascinati dai misteri del cosmo. Da i babilonesi, ai greci passando per egizi sino agli astronomi moderni, il fascino del cielo ha ispirato innumerevoli ricerche per svelare i segreti dell’Universo. Sebbene i modelli cosmologici esistano da secoli, la cosmologia, che studia l’evoluzione e la struttura dell’universo, è relativamente nascente. Una innovativa mappa della materia oscura getta le basi per modelli innovativi.

La nuova mappa

Questa scienza nasce all’inizio del XX secolo con la teoria della relatività generale di Einstein, che funge da base per il modello standard della cosmologia. Una serie di documenti inviati al prestigioso The Astrophysical Journal dai ricercatori dell’Atacama Cosmology Telescope (ACT) hanno rivelato una nuova immagine. Questa mostra la mappa della materia oscura distribuita su un quarto dell’intero cielo, più dettagliata mai creata (rif.) (rif.) (rif.). 

“Abbiamo creato una nuova mappa utilizzando le distorsioni della luce lasciate dal Big Bang”, afferma Mathew Madhavacheril, autore principale di uno degli articoli. “Sorprendentemente, fornisce misurazioni che mostrano sia la ‘irregolarità’ dell’universo che la velocità con cui sta crescendo dopo 14 miliardi di anni di evoluzione. Questi parametri sono proprio ciò che ci aspettiamo dal modello standard di cosmologia basato sulla teoria della gravità di Einstein”.

La qualità della grumosità del cosmo, dipende dalla distribuzione non uniforme della materia oscura. La sua crescita invece è rimasta coerente con le previsioni precedenti. Nonostante rappresenti l’85% dell’universo ed influenzi la sua evoluzione, la materia oscura è difficile da rilevare poichè non interagisce ne con la luce ne con altre forme di radiazione elettromagnetica. Per quanto ne sappiamo oggi, la materia oscura interagisce solo con la gravità.

La luce catturata dall'ACT è stata utilizzata per produrre una mappa della radiazione cosmica di fondo. Questo determina una nuova visualizzazione della distribuzione della materia oscura nel nostro cielo.
La luce catturata dall’ACT è stata utilizzata per produrre una mappa della radiazione cosmica di fondo. Questo determina una nuova visualizzazione della distribuzione della materia oscura nel nostro cielo. 

Lo straordinario ACT

L’ACT è stato costruito dalla Penn e dalla Princeton University. Nel 2007 ha iniziato le osservazioni per rintracciare la materia oscura. Gli oltre 160 collaboratori che hanno raccolto dati, osservano la radiazione emanata dal Big Bang. I cosmologi spesso si riferiscono a questa radiazione diffusa che riempie il nostro intero universo come “l’immagine infantile del cosmo”. Formalmente è nota come radiazione cosmica di fondo a microonde (CMB).

Il team tiene traccia di come l’attrazione gravitazionale di grandi oggetti, inclusa la materia oscura, deforma la CMB nel suo viaggio di 14 miliardi di anni fino a noi. E’ come osservare la luce che viene piegata mentre passa attraverso una lente d’ingrandimento. “Quando abbiamo proposto questo esperimento nel 2003, non avevamo idea della portata delle informazioni che potevano essere estratte dal nostro telescopio”, afferma Mark Devlin. “Questo è stato possibile grazie all’intelligenza dei teorici, che hanno costruito nuovi strumenti per rendere il nostro telescopio più sensibile e alle nuove tecniche di analisi che il nostro team ha escogitato”.

I ricercatori della Penn Gary Bernstein e Bhuvnesh Jain hanno guidato la ricerca sulla mappatura della materia oscura utilizzando la luce visibile emessa da galassie vicine rispetto alla luce della CMB. “È interessante notare che abbiamo scoperto che la materia è un po’ meno grumosa di quanto prevede la teoria più semplice”, afferma Jain. “Tuttavia, il bellissimo lavoro di Mark e Mathew sulla CMB concorda perfettamente con la teoria. Le straordinarie mappe della materia oscura di ACT restringono la ricerca e riducono gli errori teorici, afferma Bernstein. 

Stefano Gallotta

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