Le osservazioni del telescopio spaziale James Webb su 10 galassie suggeriscono che le discrepanze sulla costante di Hubble, relativa alla velocità di espansione dell’universo, potrebbe non essere reali. Le recenti osservazioni hanno fissato il valore medio della costante di Hubble a 69,96 chilometri al secondo per mega parsec. Il valore è coerente con le previsioni derivanti dal modello standard della cosmologia e dovrebbe porre fine a questa annosa questione. Ma i risultati evidenziano anche un punto critico.
La tensione della costante di Hubble
Nel 2013, la missione Planck dell’Agenzia spaziale european (ESA) ha misurato la costante di Hubble a 67,4 chilometri al secondo per megaparsec. In altre parole, ciò significa che ogni megaparsec (3,26 milioni di anni luce) si espande di 67,4 chilometri ogni secondo. Il team scientifico di Planck è stato in grado di dedurre questo valore della costante di Hubble misurando le proprietà fondamentali dell’universo catturate alla luce della radiazione di fondo a microonde (CMB) applicando il nostro modello standard di cosmologia.
Le misurazioni del team guidato da Adam Riess della Johns Hopkins University invece non combaciano. Gli scienziati utilizzando il telescopio spaziale Hubble per misurare l’espansione cosmica ha preso come riferimento le supernove di tipo Ia, generate da esplosioni di stelle nane bianche. Queste supernove hanno una luminosità massima standardizzabile e gli astronomi possono misurare quanto devono essere lontane in base alla loro luminosità.
Questa distanza viene quindi confrontata con il loro redshift, perché più velocemente l’universo si espande, maggiore è il redshift di un oggetto. Questo metodo prevede un espansione di 73,2 chilometri al secondo per megaparsec. Quindi l’universo si sta espandendo più velocemente di quanto previsto dal modello standard in totale disaccordo con gli scienziati che difendono la costante di Hubble.
Il metodo delle tre misurazioni
Il nuovo lavoro guidato da Wendy Freedman dell’Università di Chicago solleva alcune difficili questioni. Il team ha lavorato a un progetto chiamato Chicago–Carnegie–Hubble Program (CCHP), utilizzando il James Webb per indagare la costante di Hubble. Si sono misurate le distanze di dieci galassie vicine, che hanno avuto un esplosione di supernova di tipo Ia. Le misurazioni delle distanze sono state poi verificate tramite tre mezzi indipendenti.
Il primo di questi tre metodi indipendenti, noto come punta del ramo delle giganti rosse, descrive la luminosità massima che possono raggiungere le stelle simili al Sole evolute in giganti rosse. Il secondo metodo usa invece il ramo asintotico delle giganti della regione J, che si riferisce a un tipo di giganti rosse che sono ricche di carbonio. Il terzo controllo incrociato è stato fatto con le stelle variabili Cefeidi, che presentano una relazione tra periodo di pulsazione e luminosità. Misurando quanto tempo impiega una stella a pulsare, possiamo calcolare la sua luminosità massima e confrontarla con quanto appare luminosa nel cielo notturno per dedurre quanto deve essere lontana.
Il team CCHP ha misurato 69,85 km/s/Mpc usando la punta del ramo delle giganti rosse, misurato 67,96 km/s/Mpc usando le stelle al carbonio. Finora, tutto bene: le barre di errore associate comprendono la misurazione di Planck, che le mette in buon accordo con il modello standard. Le variabili Cefeidi, però, hanno detto tutt’altro Da esse, il team CCHP è arrivato a un valore di 72,04 km/s/Mpc, che non è in accordo con le altre misurazioni. Presi insieme, i quattro metodi danno un valore medio di 69,96 km/s/Mpc.
Alla ricerca di nuove prove
“Sulla base di questi nuovi dati JWST e utilizzando tre metodi indipendenti, non troviamo prove solide di un errore nella costante di Hubble”, ha affermato Freedman in una dichiarazione (rif.). “Al contrario, sembra che il nostro modello cosmologico standard per spiegare l’ evoluzione dell’universo stia reggendo”. Tuttavia, le misurazioni delle variabili Cefeidi sembrano continuare a creare tensione. Le Cefeidi formano il gradino più basso della scala delle distanze cosmiche, con le supernovae di tipo Ia come gradino successivo perché possono essere viste a una distanza maggiore delle Cefeidi.
Tuttavia, in passato Freedman ha espresso preoccupazioni per un potenziale problema chiamato affollamento. Sebbene il telescopio spaziale Hubble abbia una risoluzione è possibile che stelle di piccola massa molto vicine a una Cefeide possano rimanere irrisolte e confondersi con la luce della Cefeide, influenzando i risultati. Ma il team di Riess ha utilizzato James Webb per ricontrollare le osservazioni sulle Cefeidi giungendo alla conclusione che l’affollamento non era un problema. Inoltre nel loro articolo di ricerca (rif.), Freedman sottolinea che i primi due metodi meno interessati dall’affollamento, forniscono valori in conformità con il modello standard.
L’attenzione si concentrerà sulle misurazioni delle distanze galattiche usando variabili Cefeidi. Ulteriori misurazioni con James Webb di galassie con supernovae di tipo Ia, saranno inestimabili per confermare i risultati di queste 10 galassie. Tuttavia, galassie con supernovae di tipo Ia, Cefeidi risolvibili, giganti rosse e stelle al carbonio sono relativamente rare. Questo significa che le analisi con James Webb impiegheranno del tempo per ottenere un campione sufficientemente ampio per risolvere l’annosa questione della costante di Hubble.
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