Per decenni, la cosmologia ha convissuto con un enigma affascinante, circa metà della materia normale mancante dell’universo, quella costituita da atomi, i cosiddetti barioni, sembrava essere scomparsa. Ora, grazie all’uso innovativo dei lampi radio veloci (Fast Radio Bursts, o FRB), gli astronomi sono riusciti finalmente a rintracciarla. Va chiarito fin da subito. Questa materia non ha nulla a che vedere con la materia oscura, quell’elusiva componente dell’universo che rappresenta circa l’85% del totale ma che non interagisce con la luce. La materia normale mancante, invece, è ben nota e interagisce con la luce, ma finora era rimasta invisibile a causa della sua estrema diffusione nello spazio intergalattico.
Il problema dei barioni mancanti
Il dilemma della materia normale mancante, nota anche come problema dei barioni mancanti ha continuato a mettere in difficoltà i cosmologi, poiché sapevamo quale tipo di materia cercare, ma non dove trovarla. Si ipotizzava che fosse sparsa in modo estremamente rarefatto in strutture diffuse come gli aloni galattici e le nubi intergalattiche. Tuttavia, la conferma osservativa di questa ipotesi era sempre mancata.
I ricercatori hanno ora utilizzato i FRB per individuare queste strutture quasi invisibili. Gli FRB sono impulsi radio brevi e potentissimi, che durano appena qualche millisecondo ma possono emettere la stessa energia che il Sole irradia in 30 anni. Nonostante le loro origini siano ancora parzialmente misteriose, è da tempo evidente che possono fungere da strumenti ideali per mappare la materia distribuita nello spazio tra le galassie.
Come ha spiegato Liam Connor, ricercatore del Center for Astrophysics | Harvard & Smithsonian (CfA): “Gli FRB brillano attraverso la nebbia del mezzo intergalattico, e misurando con precisione quanto la luce rallenta, possiamo pesare quella nebbia, anche quando è troppo debole per essere vista”.
Un’indagine cosmica su scala mai vista
Connor e colleghi, tra cui Vikram Ravi, professore associato al California Institute of Technology (Caltech), hanno analizzato 69 FRB provenienti da sorgenti a distanze comprese tra 11,7 milioni e 9,1 miliardi di anni luce. Tra questi, l’FRB più distante mai rilevato, FRB 20230521B, si trova proprio al limite superiore di questa scala.
Ben 39 di questi FRB sono stati scoperti grazie al Deep Synoptic Array (DSA), una rete di 110 radiotelescopi situati presso l’Owens Valley Radio Observatory del Caltech. Questa infrastruttura è stata progettata appositamente per individuare e localizzare la sorgente degli FRB, associandola a una galassia nota. Una volta localizzati gli FRB, strumenti presso l’Osservatorio W. M. Keck alle Hawaii e l’Osservatorio Palomar vicino a San Diego hanno permesso di misurare con precisione la distanza tra la Terra e le galassie da cui provenivano.
Altri FRB, fondamentali per lo studio, sono stati scoperti con l’Australian Square Kilometre Array Pathfinder (ASKAP), una rete di radiotelescopi nel Western Australia che eccelle nella localizzazione di questi lampi.
Come la luce degli FRB svela la materia
Quando i FRB attraversano il mezzo intergalattico, la luce si disperde in diverse lunghezze d’onda, in modo analogo a quanto accade quando la luce solare attraversa un prisma e forma uno spettro arcobaleno. L’angolo di separazione tra queste lunghezze d’onda fornisce informazioni sulla quantità di materia presente lungo il percorso.
Vikram Ravi ha spiegato con un’efficace metafora: “È come se vedessimo l’ombra di tutti i barioni, con gli FRB come luce di fondo. Se vedi una persona davanti a te, puoi capire molte cose. Ma anche solo vedendo la sua ombra, sai che è lì e più o meno quanto è grande”. Grazie a questi dati, il team è riuscito a determinare che circa il 76% della materia normale dell’universo si trova nel mezzo intergalattico, ovvero nello spazio tra le galassie. Un altro 15% si trova nei vasti aloni diffusi che circondano le galassie. Il restante 9% è contenuto all’interno delle galassie stesse, sotto forma di stelle e gas freddo.
Questa distribuzione conferma le previsioni fatte dalle più avanzate simulazioni cosmologiche, ma rappresenta la prima evidenza osservativa diretta di questa ripartizione. Oltre a risolvere un problema di lunga data, questi risultati potrebbero anche migliorare la nostra comprensione dei processi di formazione e crescita delle galassie. Per Ravi, però, si tratta solo dell’inizio: “Questo è solo il primo passo affinché gli FRB diventino uno strumento fondamentale per la cosmologia, aiutandoci a comprendere l’universo”.
Il futuro: migliaia di FRB ogni anno
Il prossimo salto in avanti potrebbe arrivare dal futuro radiotelescopio DSA-2000, che Caltech prevede di costruire nel deserto del Nevada. Questa nuova struttura potrebbe rilevare e localizzare fino a 10.000 FRB all’anno, migliorando significativamente la capacità di mappare la materia normale mancante e affinando la nostra comprensione della struttura dell’universo. Grazie a questa straordinaria sinergia tra strumenti tecnologici e fenomeni cosmici, la materia normale mancante è diventata finalmente visibile o almeno, misurabile. E con essa, l’universo ci svela un altro dei suoi segreti.
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