Nonostante il loro nome, i buchi neri sono spesso circondati da vortici di materia luminosi e radianti, noti come dischi di accrescimento. In genere, l’enorme gravità di un buco nero può attrarre il gas circostante, o persino le stelle, che inviano nello spazio getti ultra-potenti di radiazioni elettromagnetiche. La struttura e la composizione delle corone dei buchi neri, regioni di plasma dinamiche che fanno parte del flusso di materia nei buchi neri stessi rimane ancora un mistero, che come afferma la NASA, possono raggiungere temperature di miliardi di gradi.
L’utilizzo di IXPE
I ricercatori che utilizzano l’Imaging X-ray Polarimetry Explorer (IXPE) della NASA hanno raccolto dati su 12 buchi neri noti per determinare le proprietà strutturali dei dischi di accrescimento su divers di questi oggetti (rif.). Quindi, hanno esaminato come queste variabili potrebbero influenzare la forma delle corone dei buchi neri. Gli astrofisici sono a conoscenza da tempo dell’esistenza di corone di plasma attorno ai buchi neri da 10 a 30 masse solari ed ai buchi neri supermassicci come Sagittarius A* al centro della Via Lattea.
“Gli scienziati hanno a lungo speculato sulla composizione e la geometria della corona”, ha affermato in un comunicato stampa Lynnie Saade (rif.), ricercatrice della NASA, “si tratta di una sfera sopra e sotto i buchi neri, o di un’atmosfera generata dal disco di accrescimento, o forse di plasma situato alla base dei getti ?” IXPE è stato in grado di scrutare il cuore delle corone dei buchi neri tramite la polarizzazione dei raggi X. L’idea è simile a quella con cui gli astronomi studiano la corona del sole durante un’eclissi solare totale. A sua volta, IXPE consente agli astronomi di comprendere la geometria del disco di accrescimento e le strutture correlate come le corone.
“La polarizzazione dei raggi X fornisce un nuovo modo per esaminare la geometria di accrescimento dei buchi neri”, ha affermato Saade. I ricercatori hanno scoperto che la corona si estendeva nella stessa direzione del disco di accrescimento per tutte le diverse classi di buchi neri che hanno osservato. Ciò fornisce la prima prova che le corone dei buchi neri condividono una relazione strutturale con i dischi di accrescimento dei buchi neri.
I buchi neri studiati
Tra i buchi neri studiati c’erano Cygnus X-1, Cygnus X-3, sistemi binari di buchi neri a circa 7.000 e 37.000 anni luce dalla Terra. LMC X-1 e LMC X-3, buchi neri di massa stellare che vivono nella Grande Nube di Magellano a circa 165.000 anni luce di distanza. Sono stati osservati anche diversi buchi neri supermassicci, come quello al centro della galassia Circinus, a circa 13 milioni di anni luce di distanza, e NGC 1068 e NGC 4151, che si estendono rispettivamente per 47 milioni di anni luce e 62 milioni di anni luce di distanza.
Secondo i ricercatori, la parte più entusiasmante di queste scoperte è che, nonostante l’enorme differenza di massa tra i buchi neri studiati, i dati dell’IXPE suggeriscono che entrambi condividono dischi di accrescimento e corone di geometria simile. “I buchi neri di massa stellare strappano massa alle loro stelle compagne, mentre i buchi neri supermassicci divorano tutto ciò che li circonda”, ha affermato Philip Kaaret, ricercatore principale della missione IXPE. “Eppure il meccanismo di accrescimento funziona più o meno allo stesso modo”.
Ciò fa ben sperare per il futuro studio dei buchi neri. Man mano che i ricercatori studieranno i buchi neri di massa stellare più vicini a casa, saranno comunque in grado di trarre conclusioni anche sulle caratteristiche dei buchi neri supermassicci che si trovano al centro di galassie lontane.
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