Un tema di ricerca internazionale guidati dall'UCLA ha scoperto la galassia JD1 una delle più antiche dell'universo primordiale

Dopo il Big Bang, l’universo si espanse e si raffreddò a sufficienza perché si formassero gli atomi di idrogeno. In assenza di luce dalle prime stelle, l’universo entrò in un periodo noto come età oscura cosmica. Le prime stelle e galassie sono apparse diverse centinaia di milioni di anni dopo e hanno iniziato a bruciare l’idrogeno rimasto dal Big Bang, rendendo l’universo “trasparente”, come lo è oggi.

Un gruppo di ricerca internazionale guidato da astrofisici dell’UCLA ha confermato l’esistenza di JD1 la galassia più debole mai vista nell’universo primordiale. La galassia è una delle più distanti identificate fino ad oggi, ed è proprio del tipo che bruciarono la nebbia di atomi di idrogeno lasciati dal Big Bang. Fu in questo che la luce iniziò a risplendere attraverso l’universo e modellandolo in quello che esiste oggi. La scoperta è stata effettuata utilizzando il James Webb Space Telescope della NASA e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature (rif.).

Il processo di Reionizzazione

I primi miliardi di anni di vita dell’universo furono un periodo cruciale nella sua evoluzione. Dopo il Big Bang, circa 13,8 miliardi di anni fa, l’universo si espanse e si raffreddò abbastanza da permettere la formazione degli atomi di idrogeno. Tuttavia, fino alla nascita delle prime stelle e galassie, l’universo era oscuro. La comparsa delle prime stelle e galassie poche centinaia di milioni di anni dopo, ha inondato il cosmo con una luce ultravioletta energetica che ha iniziato a bruciare la nebbia di idrogeno. 

Determinare i tipi di galassie che hanno dominato quell’era, soprannominata l’Epoca della Reionizzazione è uno degli obiettivi principali dell’astronomia odierna. Ma fino allo sviluppo del telescopio James Webb, gli scienziati non avevano gli strumenti a infrarossi sensibili necessari per studiare la prima generazione di galassie.

“La maggior parte delle galassie trovate finora da James Webb sono galassie luminose che sono rare. Ma non ritenute particolarmente rappresentative delle giovani galassie che popolavano l’universo primordiale”, ha affermato Guido Roberts-Borsani, primo autore dello studio. “Le galassie ultra-deboli come JD1, d’altra parte, sono molto più numerose. Per tale ragione riteniamo che siano più rappresentative delle galassie che hanno condotto il processo di reionizzazione, consentendo alla luce ultravioletta di viaggiare senza ostacoli attraverso lo spazio e il tempo”.

James Webb e la lente gravitazionale

JD1 è una galassia così debole e lontana nell’universo primordiale, che sarebbe complessa da studiare senza un potente telescopio ed un piccolo trucco naturale. JD1 si trova dietro un grande ammasso di galassie vicine, Abell 2744. L’ammasso funge da lente gravitazione amplifica la luce di JD1, ingrandendola e rendendola 13 volte più luminosa di quanto sarebbe altrimenti. Senza questo effetto, la scoperta di JD1 sarebbe probabilmente mancata.

Per l’analisi i ricercatori hanno utilizzato lo spettrografo NIRSpec, per ottenere uno spettro di luce infrarossa della galassia. Questo a consentito di determinare la sua età precisa e la sua distanza dalla Terra. Ma anche il numero di stelle e la quantità di polvere e particelle pesanti.

La combinazione dell’ingrandimento gravitazionale della galassia e le nuove immagini catturate dalla NIRCam di James Webb, hanno permesso al team di studiare la struttura della galassia con dettagli e risoluzione senza precedenti.  Poiché la luce impiega tempo per raggiungerci, JD1 appare com’era circa 13,3 miliardi di anni fa, quando l’universo aveva solo il 4% circa della sua età.

“Prima che il telescopio Webb si accendesse, solo un anno fa, non potevamo nemmeno sognare di confermare una galassia così debole”, ha detto Tommaso Treu, secondo autore dello studio. “La combinazione di JWST e il potere di ingrandimento delle lenti gravitazionali è una rivoluzione. Stiamo riscrivendo il libro su come le galassie si sono formate e si sono evolute subito dopo il Big Bang”.

Stefano Gallotta

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