Tra tutti i pianeti del sistema solare, Saturno si distingue come il più lunare. Ben 146 satelliti naturali orbitano attorno al gigante gassoso. Sebbene anche Giove, Urano e Nettuno vantino una ricca schiera di lune, rispettivamente 95, 28 e 16, Saturno rappresenta un caso unico. Nonostante questa impressionante collezione, gli scienziati si concentrano da decenni su una sola luna: Encelado.

Il satellite è considerato un candidato privilegiato per la ricerca di vita extraterrestre. “Gli scienziati credono che sia un luogo privilegiato per cercare la vita oltre la Terra”, ha affermato Cynthia B. Phillips, geologa planetaria del JPL della NASA. La ragione? Encelado ospita un vasto oceano sotterraneo sotto la sua superficie ghiacciata, con giganteschi pennacchi di ghiaccio d’acqua sparati nello spazio. Offre in pratica la possibilità di raccogliere e analizzare molecole che potrebbero essere precursori della vita.

La scoperta della macchia scura: un fenomeno inspiegabile

Di recente, un dettaglio inaspettato ha catturato l’attenzione degli scienziati: una misteriosa macchia scura sulla superficie di Encelado. “Dopo aver fissato decine e decine di coppie di immagini, ha trovato qualcosa di interessante”, ha raccontato Phillips durante una conferenza, riferendosi al lavoro di Leah Sacks, il membro del team che ha esaminato le immagini delle missioni Voyager e Cassini. La macchia, larga circa un chilometro, è apparsa in un’immagine del 2009 ma sembra scomparire già nel 2012. La scoperta ha sorpreso gli scienziati, in quanto Encelado possiede un’albedo molto elevata, cioè una superficie estremamente riflettente. “È inaspettato trovare una macchia scura su un mondo così luminoso, soprattutto una che scompare lentamente”, ha aggiunto Phillips.

Prima di formulare conclusioni, il team ha escluso alcune spiegazioni ovvie. “La prima domanda era, la macchia scura sulla superficie di Encelado non la vediamo per la bassa risoluzione delle immagini?” ha spiegato Phillips. La risposta, dopo accurati confronti tra immagini del 2010 e del 2011, è stata chiara: “No, probabilmente no”. Anche l’ipotesi che si trattasse di un’ombra è stata scartata. Le immagini analizzate con diverse angolazioni della luce hanno mostrato che il punto non seguiva il comportamento atteso di un’ombra. “Non pensiamo che sia di natura topografia; non pensiamo che sia solo un’ombra”, ha ribadito Phillips. Esaminando inoltre immagini a colori e ultravioletto, è emerso che la macchia ha una sfumatura marrone-rossastra, differente dalle aree bluastre circostanti.

Le ipotesi più plausibili includono un cratere di impatto con materiale scuro depositato sulla superficie o l’esposizione di un substrato roccioso di colore diverso. “Penso che il caso più probabile sia che si tratti di una specie di cratere”, ha dichiarato Phillips, suggerendo che il materiale scuro potrebbe essere il residuo di un impatto o un segno della composizione interna della luna. Tuttavia, esiste anche una possibilità più intrigante. “Una spiegazione davvero interessante sarebbe se in realtà stesse emergendo qualcosa da sotto. Se quel colore rossastro fosse un segno della composizione interna di Encelado ? È improbabile, ma sarebbe davvero interessante”.

Possibili spiegazioni e nuovi interrogativi

La progressiva scomparsa della macchia ha posto ulteriori interrogativi. Phillips ipotizza che la superficie sia stata ricoperta da depositi di ghiaccio provenienti dai pennacchi di Encelado: “Sappiamo che l’intera superficie è ricoperta da depositi di pennacchi, come piccoli strati di ghiaccio che si accumulano nel tempo”. Tuttavia, siccome la macchia scura su Encelado è scomparsa in pochi anni, il tasso di deposizione potrebbe essere stato sottostimato. “Ciò che questo potrebbe significare è che il modello di deposizione del pennacchio, almeno in questa posizione, è sottostimato”, ha detto Phillips.

Un altro fattore potrebbe essere la deposizione di particelle provenienti dall’anello E di Saturno. “Una cosa che non abbiamo preso in considerazione è la deposizione da collisioni con particelle dell’anello E”, ha concluso Phillips, riferendosi alle piccole particelle di ghiaccio d’acqua presenti negli anelli. Nonostante i numerosi studi, la natura della macchia scura resta un mistero. “Cosa potrebbe avere una velocità di deposizione necessaria per coprire il punto nero in questo lasso di tempo? L’anello E contribuisce a coprirlo? C’è forse un altro meccanismo?” ha riflettuto Phillips. La risposta definitiva, per ora, sfugge ancora alla scienza.

Stefano Gallotta

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