La materia oscura rappresenta una delle più grandi incognite dell’astrofisica moderna. Pur superando la materia ordinaria con un rapporto di 5 a 1, è estremamente rara sulla Terra, meno comune persino dell’oro. Tuttavia, un nuovo metodo di indagine basato sullo “sbalzo” della Via Lattea potrebbe permettere di mapparne la distribuzione con maggiore precisione. Questo progresso tecnologico apre la strada a una comprensione più approfondita della distribuzione della materia oscura nella Via Lattea e, di conseguenza, dell’intera struttura dell’universo. Il team ha reso disponibile il proprio studio sulla piattaforma arXiv (rif.), in attesa della revisione tra pari.
Un nuovo metodo per tracciare la materia oscura
Un team di ricercatori ha sviluppato una tecnica innovativa per misurare la materia oscura utilizzando le pulsar, stelle di neutroni in rapida rotazione che emettono fasci di luce simili a fari cosmici. Precedenti studi avevano già sfruttato le pulsar in sistemi binari come strumenti per misurare la presenza di materia oscura. Tuttavia, la nuova ricerca dimostra che anche le pulsar solitarie possono essere impiegate con successo in questo ambito.
Secondo Sukanya Chakrabarti, astrofisica dell’Università dell’Alabama a Huntsville, “quando abbiamo iniziato questo lavoro nel 2021 e pubblicato un aggiornamento l’anno scorso, il nostro campione era composto da pulsar millisecondo in sistemi binari. Tuttavia, la maggior parte delle pulsar sono solitarie. In questo nuovo studio dimostriamo come raddoppiare il numero di pulsar utilizzabili per vincolare la materia oscura nella galassia grazie alle misurazioni delle accelerazioni galattiche”.
Uno dei risultati più sorprendenti dello studio è che la quantità di materia oscura presente in un volume equivalente a quello della Terra è inferiore a un chilogrammo. “Se confrontiamo questa quantità con i milioni di chilogrammi di oro prodotti ogni anno, possiamo vedere come, in proporzione, la materia oscura sia più preziosa dell’oro!” ha affermato Chakrabarti.
Nonostante costituisca circa l’85% della materia totale dell’universo, la materia oscura è difficile da rilevare perché non interagisce con la luce, o lo fa in modo così debole da sfuggire alle attuali tecnologie. La sua esistenza è dedotta solo attraverso la sua influenza gravitazionale sulla materia visibile e sulla luce stessa. Se le galassie non contenessero una grande quantità di materia oscura, la loro massa visibile non sarebbe sufficiente a impedire loro di disgregarsi a causa della loro rotazione.
Un effetto gravitazionale visibile nella Via Lattea
Le simulazioni al computer condotte da Chakrabarti hanno mostrato che la distribuzione della materia oscura nella Via Lattea è influenzata dall’interazione con le galassie satellite. Un esempio è la Grande Nube di Magellano (LMC), una delle principali galassie nane orbitanti intorno alla Via Lattea. Durante il suo movimento, la LMC deforma il disco galattico, causando una distribuzione asimmetrica della massa e un conseguente effetto gravitazionale non uniforme.
“La galassia oscilla quasi come un bambino che sta imparando a camminare, ancora instabile,” ha spiegato Chakrabarti. Grazie all’analisi di un campione più ampio di pulsar, il team è riuscito a misurare per la prima volta questa asimmetria. Le pulsar si formano quando stelle con una massa almeno otto volte quella del Sole esauriscono il carburante per la fusione nucleare e collassano su se stesse, generando una supernova.
Il residuo di questo evento è una stella di neutroni con una densità estrema: un solo cucchiaino della sua materia peserebbe circa 10 milioni di tonnellate, l’equivalente di 85.000 balene blu impilate. Queste stelle, ruotando a velocità impressionanti fino a 700 giri al secondo, emettono fasci di radiazione altamente regolari, rendendole strumenti ideali per misurazioni temporali di estrema precisione.
Il ruolo del frenamento magnetico
Le pulsar possiedono campi magnetici tra i più intensi dell’universo. “Il loro campo magnetico si torce e si avvolge su sé stesso man mano che la pulsar ruota, generando una sorta di attrito, simile allo sfregamento delle mani”, ha spiegato Tom Donlon, ricercatore post-dottorato presso l’UAH. Inoltre, le pulsar emettono particelle ad altissima velocità, perdendo energia e rallentando progressivamente la loro rotazione in un processo noto come “frenamento magnetico”.
In passato, per evitare errori legati a questo fenomeno, gli scienziati potevano utilizzare solo pulsar binarie per calcolare le accelerazioni. Tuttavia, grazie a una nuova tecnica, il team è riuscito a stimare con elevata precisione l’effetto del frenamento magnetico, rendendo possibile l’uso anche di pulsar solitarie. L’impiego di queste nuove metodologie permette di misurare accelerazioni minime causate dalla materia oscura con una precisione senza precedenti.
“Finora siamo stati in grado di misurare solo le grandi accelerazioni causate dai buchi neri e dalle stelle vicine al centro galattico” ha spiegato Chakrabarti. “Ora possiamo spingerci oltre e misurare accelerazioni minime, dell’ordine di 10 centimetri al secondo per decennio, una velocità paragonabile a quella di un bambino che gattona”.
- Mappare la Materia Oscura con le Pulsar - 10 Marzo 2025
- Drone marziano a doppia modalità - 8 Marzo 2025
- L’importanza della diversità microbica per la salute degli astronauti - 7 Marzo 2025